"Il progressivo sviluppo dell'uomo dipende dalle invenzioni. Esse sono il risultato più importante delle facoltà creative del cervello umano.
Lo scopo ultimo di queste facoltà è il dominio della mente sul mondo materiale, il conseguimento delle possibilità di incanalare le forze della natura così da soddisfare le esigenze umane."

Nikola Tesla (Никола Тесла: Smiljan, 10 Luglio 1856 – New York, 7 Gennaio 1943)

Set-up e suggerimenti per la calibrazione e le verifiche calorimetriche del dispositivo Hydrobetatron

x ing. Abundo e prof.ssa Pieravanti,

di seguito sono riportati per punti i suggerimenti relativi al set-up e alla calibrazione del Calorimetro a flusso per le future verifiche calorimetriche di Hydrobetatron.

I punti riassumono quanto elaborato dall'ing. Mario Massa e da me.

Osservazioni preliminari:

1) In considerazione dell’eccesso di calore atteso, stimato ad oggi intorno al 20%, sarebbe opportuno che il Calorimetro avesse una efficienza del 0.95. In ogni caso valori di efficienza riscontrati inferiori a 0.9 renderebbero poi le successive misure non attendibili.

2) Al fine di garantire una corretta calibrazione occorre aspettare di avere raggiunto il regime stazionario del sistema. Si consiglia di considerare il raggiungimento della stabilizzazione termica dopo che siano trascorse almeno 3 o 4 ore dall’inizio del processo di riscaldamento.

3) Una volta raggiunta la stabilizzazione termica la misura del ΔT dovrebbe essere condotta per una durata di almeno 60 minuti.

4) Per quanto già discusso da Mario in merito alla stima degli errori, occorre fare riferimento a un ΔT minimo (ingresso-uscita) di 10 °C.

5) La calibrazione dovrebbe essere eseguita almeno per due valori di potenza operativa, ad esempio si potrebbe ipotizzare 100 e 200 W e ripetuta un paio di volte.

6) Se si vuole ottenere un’efficienza elevata del Calorimetro, normalmente si dovrà ricorrere all’inserimento di una resistenza termica tra cella e camicia al fine di mantenere l’elettrolita a una temperatura sufficientemente elevata pur avendo una portata ragionevole dell’acqua di raffreddamento.


Fissati i parametri di cui sopra, si suggerisce di realizzare un unico flusso d’acqua costante di 8 litri/ora che, per quanto detto, appare alla portata dell’attuale design. Un tale flusso in teoria permetterebbe di ottenere un delta T di circa 10°C @100W e di circa 20°C @ 200W.

Dovendo sostenere una circolazione di fluido per 4-5 ore si consiglia l’uso di un serbatoio da 50 litri e, considerando che la quantità è comunque limitata, di non riciclare l’acqua con un circuito di raffreddamento.
Il contenuto del serbatoio sia mantenuto a temperatura ambiente, e preferibilmente sia munito di un termometro, o sonda termometrica di accuratezza adeguata, immerso nel fluido per una prima valutazione della temperatura dell’acqua in ingresso.

Una volta certi di essere giunti alla stabilità si dirotta il tubo di uscita del Calorimetro in un recipiente vuoto di raccolta (esempio serbatoio da 10 litri) posto sopra ad una bilancia di precisione e si eseguono periodiche misurazioni di massa e di temperatura per un’ora esatta (od un tempo cronometrato simile).

Durante questo tempo si registra il ΔT ogni minuto e alla fine si fa una media per avere il delta T medio. Dal peso dell’acqua transitata e si ottiene la portata media.


La relazione matematica per le valutazioni del Calorimetro è:

P = {[macqua * c * ΔT] + [k * (TTamb)]} / t

con T = (Tin+Tout) / 2

P è espressa in W
m è espressa in kg
c (a temperatura 25°C e pressione ambiente) vale circa 4180 J/(kg*K)
ΔT è espresso in Kelvin
t è espresso in secondi

Imponendo l’uguaglianza con la Pin nota, quella erogata della resistenza e misurata dal Wattmetro, si deduce il coefficiente k del Calorimetro.
Se tutto è stato fatto a regola d’arte il coefficiente k dovrà risultare indipendente dalla potenza.
Il rapporto:

P / [macqua * c * ΔT] / t

rappresenta l’efficienza del Calorimetro nelle condizioni di test e come detto non dovrà essere in ogni caso inferiore a 0.9.


Veniamo ora alla resistenza da utilizzare per la calibrazione, essa dovrà essere alimentata con lo stesso circuito utilizzato per la cella vera e possibilmente con valori simili di tensione.
Data la durata prolungata del test, occorre registrare regolarmente la potenza (e/o energia) entrante indicata dal Wattmetro per poi fare gli opportuni calcoli e la media sulla potenza.

La cosa migliore sarebbe di  disporre anche di un secondo alimentatore, di tipo DC stabilizzato, in grado di alimentare la resistenza con la stessa potenza.
I risultati ottenuti, utilizzando l’alimentatore stabilizzato DC facendo il prodotto V*I, dovrebbero coincidere con la potenza media calcolata nel test con Variac.

Si dovrebbe registrare una maggiore potenza nel caso della misura con Variac (dell’ordine di 10W) da imputare alle dissipazioni del Variac e dell’eventuale trasformatore di isolamento.
Questa differenza dovrebbe risultare immutata (in valore assoluto in assoluto) anche nel test eseguito a potenza doppia.

Se le dissipazioni risultassero maggiori, si consiglia di sottoalimentare il Variac mediante autotrasformatore messo a monte di tutto.
Le dissipazioni aumentano con il quadrato della densità di flusso e quindi con il quadrato della tensione di alimentazione.

Alimentando il Variac a 110V le dissipazioni si riducono a 1/4.
Chiaramente, per un Variac con uscita 0-270V, la massima tensione erogabile si ridurrebbe a 135V, valore che potrebbe comunque essere sufficiente per le prove a minore potenza.
Se invece la potenza utilizzata è alta (ordine dei 300-400W) allora i 10W divengono trascurabili.

Si ricorda a riguardo della condizione di ebollizione che, considerando il poco eccesso supposto, sarebbe opportuno rimpicciolire il condensatore e realizzare un unico circuito in serie per fare cadere il condensato direttamente nella cella.


Pagina pubblicata il 24 Dicembre 2012

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